Marco Boato - attività politica e istituzionale | ||||||||||||||||
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Trento, 2 febbraio 2011 «Disastro antropologico» è la dura ed efficace espressione che monsignor Mariano Crociata— segretario della Conferenza episcopale italiana — ha utilizzato a Roma il 28 gennaio, riassumendo le conclusioni del Consiglio permanente della Cei che si era tenuto dal 24 gennaio ad Ancona. Né in questa occasione, né nella relazione introduttiva del cardinal Angelo Bagnasco, si è fatto esplicito riferimento al premier Berlusconi e alle vicende giudiziarie che lo riguardano (“caso Ruby” con annessi e connessi). Ma è stato questo il sottofondo dell’apertura e delle conclusioni dell’organo dirigente della Cei, dopo che nelle settimane precedenti profondo turbamento era stato espresso (finalmente) anche dal segretario di Stato del Vaticano, il cardinal Bertone. Qualcosa sembra dunque essersi mosso negli atteggiamenti sia del Vaticano, sia dei massimi rappresentanti dell’episcopato italiano, dopo tanti imbarazzati (e imbarazzanti) silenzi che avevano accompagnato tutto il 2010, con la sequela di vicende personali (ma inevitabilmente anche politiche, visto il suo ruolo istituzionale) che avevano accompagnato Berlusconi da uno scandalo all’altro, e dopo che in precedenza la sua ex-moglie aveva pubblicamente ammonito che si trattava di comportamenti di un uomo “malato” (di che cosa, era facilmente comprensibile). Ad Ancona, il card. Bagnasco ha parlato di “sgomento”, “disagio morale”, “spettacoli nefasti, moralmente inaccettabili e pericolosi”, “stili di vita non compatibili con la sobrietà e la correttezza”, chiedendo di “fare chiarezza nelle sedi appropriate”. Era passato solo qualche mese da quando il vescovo Rino Fisichella era arrivato al punto di chiedere di “contestualizzare” una bestemmia pronunciata da Berlusconi raccontando una barzelletta. Evidentemente, anche per la Cei il limite estremo è stato superato e non è più il caso di “contestualizzare”. Certo, si chiama in causa la “questione morale che ci riguarda tutti”, ma “in particolare quanti hanno maggiori responsabilità in vista del bene comune”. Questa è solo la punta dell’iceberg, rispetto all’indignazione che sta attraversando il mondo cattolico in modo molto più duro ed esplicito. Da mons. Raffaele Nogaro che si chiede «perché al capo si devono concedere tutte le licenze?» al card. Josè Saraiva Martins che afferma indignato: «I cattolici al momento del voto sapranno scegliere e non si dimenticheranno delle vicende di questi giorni». Dalle prese di posizione durissime de ll Regno dei Dehoniani, a quelle ripetute di Famiglia cristiana (spesso attaccata per questo) fino allo stesso Avvenire (in passato molto più reticente) e persino al mensile di CL, Tracce, che ha espresso “sgomento”, “disagio e malessere” per “la valanga di fango caduta su di noi”. Forse si sta finalmente chiudendo un ciclo improntato al silenzio connivente e alla logica di scambio. Almeno c’è da sperare che sia così, perché a tutto c’è davvero un limite. E quel limite è stato ampiamente superato. Marco Boato |
MARCO BOATO |
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